Una firma per l' ambiente

Invitiamo tutti i soci, amici, sostenitori a sottoscrivere la petizione e recapitarcela nel più breve tempo possibile.

Al Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando
e agli
Amministratori locali e regionali per quanto di loro competenza

I sottoscritti cittadini chiedono la revoca del Decreto Ministeriale del 7 agosto 2013, il quale autorizza il Gruppo HERA S.p.A. proprietario e gestore dell’inceneritore di Coriano (RN) a bruciare rifiuti provenienti da territori situati fuori dalla provincia di Rimini e della Regione Emilia Romagna.
Ciò è espressamente vietato dal Piano Provinciale dei Rifiuti a tutela della salute dei cittadini che vivono nei comuni del riminese. Una comunità oggi, sempre più impegnata nella raccolta differenziata con l’obiettivo di cessare di inquinare l’aria del territorio dove vivono e giocano i propri figli, bruciando poco, o nulla, e riciclando molto.
Comunità virtuosa (la raccolta differenziata ha raggiunto la quota del 60%) che ora si sente beffata dalla possibilità data all’impianto di bruciare rifiuti provenienti dal resto d’Italia, con forte rischio per la salute di chi vive in tutto il territorio dei comuni di Riccione, Misano, Coriano fino a lambire Rimini, perché con l’innalzamento dei camini dell’inceneritore il raggio di ricaduta dei fumi si è allargato per chilometri e questo vuol dire che le sostanze nocive possono arrivare fino al mare e sulle nostre spiagge.

Richiedete il modulo al WWF Rimini  www.wwfrimini.altervista.org/rifiuti.html

Intervento delle Associazioni ambientaliste sui problemi di viabilità a S.Giustina

Ai Gruppi consiliari del C.C. di Rimini

e p.c.

Al Sindaco di Rimini

Oggetto: Intervento delle Associazioni ambientaliste sui problemi di viabilità a S.Giustina

Come ambientalisti abbiamo seguito con preoccupazione nei mesi scorsi i problemi insorti a S.Giustina per il traffico nel centro abitato dei mezzi pesanti impegnati nel raddoppio del depuratore e la soluzione avviata di una pista di cantiere lungo il fiume, in violazione di tutti i vincoli di tutela del Marecchia e delle aree di falda. Siamo convinti che la soluzione definitiva non può essere questa ultima , ma debba essere ricercata in un reale equilibrio fra le esigenze, legittime, dei residenti di S.Giustina e quelle della tutela delle falde e del fiume, bene comune di tutta la comunità locale e risorsa indispensabile per l’agricoltura e l’industria turistica della costa. La pista lungo il fiume dovrebbe essere provvisoria, ma sappiamo bene che troppo spesso le cose provvisorie rischiano di diventare definitive, perciò abbiamo chiesto al C.C. che ciò sia tenuto ben presente nel Consiglio tematico del 09 gennaio, e che negli OdG che verranno discussi siano inserite le seguenti previsioni : a) che la pista sia considerata solo "una strada di cantiere" e quindi davvero provvisoria, con un termine definito di utilizzo (può essere di 18 mesi come detto dall'Ass.Visentin), oltre il quale la sponda del fiume deve essere ripristinata; b) che nel frattempo venga progettato e realizzato un collegamento definitivo fra la Via Emilia e l'area di depuratore e biodigestore, al di fuori dei vincoli di tutela fluviale e delle aree di falda, collegamento che potrebbe anche essere considerato come il primo tratto della futura circonvallazione di S.Giustina, anche per non sprecare risorse e territorio. In merito abbiamo avanzato una proposta di utilizzo per il collegamento della Via Emilia al depuratore passando per la pista di servizio realizzata da Società Autostrade per la costruzione della 3a corsia A14, a monte della A14 stessa, per ipotesi partendo dalla Via Emilia all'altezza del cimitero o di Via Premilcuore. La riproposizione della variante a suo tempo elaborata dal Comune di Rimini e poi sospesa perchè in contrasto con il PTCP è però inaccettabile per le Associazioni scriventi, non solo per i motivi della sua sospensione, ma anche per il pesante consumo di suolo, agricolo e non, che comporterebbe e per i costi elevatissimi che bisognerebbe prevedere, incompatibili anche con la situazione economica attuale Appare quindi evidente la necessità di ricorrere per l’eventuale circonvallazione a S.Giustina ad una soluzione diversa, meno impattante e più contenuta. E riteniamo che sulle ipotesi di circonvallazione debbano essere coinvolte anche le Associazioni degli agricoltori, che più volte già hanno denunciato il consumo di suolo agricolo per la 3° corsia A14 e la SS16. Ma anche l’OdG proposto dalla Maggioranza non soddisfa le richieste degli ambientalisti : non prevede infatti la realizzazione di un collegamento Via Emilia- depuratore alternativo alla pista provvisoria lungo il Marecchia e il ripristino della sponda del fiume a fine utilizzo. Chiediamo quindi al C.C. di impegnare ufficialmente Sindaco e Giunta a provvedere al più presto in tal senso, almeno nei limiti già dichiarati dall’A.C., avviando da subito tutte le procedure necessarie Questa è la posizione delle associazioni ambientaliste scriventi, che abbiamo illustrato negli incontri con i Gruppi consiliari, ma siamo logicamente disponibili a confrontarci ed a discutere in concreto delle soluzioni migliori da ricercare. Ci preme però sottolineare che il nostro obiettivo non è di difendere interessi particolari di qualcuno ma gli interessi generali e di lungo respiro della nostra collettività.

Le Associazioni del FORUM AMBIENTE di RN

Ass. ne La Selva Oscura

Ass. ne L’Umana Dimora

Ass. ne Marecia Mia

Legambiente, Circolo di S. Arcangelo di R.

Ass.ne WWF Rimini onlus

Lettera aperta al Sindaco di Rimini relativa alla pista lungo il Marecchia a S. Giustina.

Al Signor Sindaco di Rimini - Andrea Gnassi

p. c.

All’Assessore all’Ambiente e Politiche per lo Sviluppo sostenibile - Sara Visentin
All’Assessore a LL.PP., Tutela e Governo del Territorio - Roberto Biagini
All' Autorità di Bacino Marecchia-Conca
LORO SEDI



Oggetto : Ipotesi di utilizzo della pista Pesaresi/Pavimental sul Marecchia a Santa Giustina, per deviare per i prossimi due anni il traffico pesante diretto al biodigestore e al depuratore

Egr. Sig. Sindaco,
in merito alla ipotesi in oggetto il WWF di Rimini ha già espresso in un recente incontro all’Assessore all’Ambiente del Comune, Sara Visentin, un parere nettamente contrario.
Come già fatto tempo fa con il Comitato di S. Giustina il WWF ha ribadito nell’occasione all’Assessore la proposta di utilizzare invece per i mezzi pesanti il percorso parallelo a monte della A14 realizzato dalla Società Autostrade per la costruzione della 3° corsia.
Ora con la presente vogliamo ripetere direttamente a Lei questa proposta, illustrandone le motivazioni, prima di renderla pubblica sugli organi di informazione.
Si tratta di una soluzione con un impatto ambientale molto minore, con costi economici più ridotti e praticamente già fruibile. Perché spostare allora il traffico sul Marecchia, con forti rischi per la falda e “costi” futuri imprevedibili , non solo ambientali, per tutta la collettività?
I problemi di traffico, rumori e inquinamento dell’aria denunciati dai cittadini di S. Giustina sono figli di un modello di sviluppo miope e autodistruttivo, di cui anche la crisi attuale mostra tutti i limiti. Ma sono anche il frutto di una programmazione sbagliata nell’uso del territorio. Bisognava infatti evitare di concentrare attività pesantemente “traffico dipendenti” a ridosso del fiume e del paese, in aree di ricarica della falda. Andava evitata almeno da ultimo la localizzazione del biodigestore che ha portato lì, proprio a ridosso dell’alveo del Marecchia, altre decine e decine di mezzi pesanti, fra le case e in presenza di una strada stretta e del tutto insufficiente.
Gli abitanti di Santa Giustina hanno ragione ora di lamentarsi del traffico, e devono ringraziare chi ha fatto queste scelte ( Hera ? la Provincia? Il Comune? ) ed ha creato problemi che sono ora di difficile soluzione, se non al prezzo della salute dei cittadini e dell’ambiente del fiume , la nostra principale fonte di acqua.
Se però sono stati fatti degli errori, almeno evitiamo ora di farne un altro, che aggiungerebbe danno a danno!
Il Marecchia e le sue falde sono infatti una risorsa preziosa non solo per Rimini e S.Giustina, ma per tutta la riviera e per le generazioni future. Vanno perciò preservati in ogni modo, lo sottolineiamo con forza, e la soluzione ai problemi del traffico va cercata altrove , non a ridosso del fiume e nelle aree di ricarica delle falde acquifere.
Neppure con proposte di soluzioni provvisorie che finiscono poi sempre per diventare definitive e irrimediabili.
E gli abitanti di S.Giustina dovrebbero essere i primi a difendere il loro fiume, che è però anche “nostro”, cioè di tutti, è davvero un “bene comune”, al di là di interessi di singoli gruppi o categorie.
Come WWF esprimiamo perciò netta opposizione alla scelta di dirottare il traffico pesante dalla Via Emilia sulla pista di servizio lungo il fiume.
E’ una scelta che contrasta nettamente con le norme urbanistiche provinciali e regionali e con il Piano di bacino, e se necessario non esiteremo a denunciare questa violazione alle autorità competenti
Se Lei, Sig. Sindaco , ha fatto del blocco della ulteriore cementificazione del territorio e della riqualificazione della città i punti centrali della sua campagna elettorale e della sua azione di governo, cosa che come WWF abbiamo molto apprezzato, non può permettere ora a S. Giustina soluzioni che porteranno asfalto e cemento proprio sulle aree di ricarica della falda, a ridosso del Marecchia.
Con i rischi che anche gli episodi di sversamento di cui di recente si è parlato sulla stampa hanno ben evidenziato.
Alla sua autorevolezza e sensibilità facciamo perciò appello, perché eviti questa scelta, e chiediamo che le Associazioni ambientaliste interessate siano comunque coinvolte nel confronto e informate prima della assunzione delle decisioni definitive.
Restando in attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.

Lettera aperta del WWF sul verde pubblico a Rimini

Al Signor Sindaco di Rimini - Andrea Gnassi

p. c.

All’Assessore all’Ambiente e Politiche
per lo Sviluppo sostenibile - Sara Visentin
All’Assessore a LL.PP., Tutela e Governo del Territorio - Roberto Biagini

OGGETTO: Platano n.41962 di Piazza Malatesta e stato del verde urbano dopo i recenti eventi meteorici

Preg.mo Sig. Sindaco,
La violenta ondata di maltempo della scorsa settimana ha inferto anche a Rimini nuovi pesanti danni al patrimonio verde della città, abbattendo o danneggiando in modo più o meno grave molte alberature.
Questi danni si aggiungono ai “tagli” subiti dal verde urbano, pubblico e privato, negli anni passati per effetto o solo per il timore delle nevicate ( è il caso soprattutto dei pini: solo in Viale Matteotti nella scorsa legislatura ne sono stati tagliati ben 18, mai sostituiti ), o del cosiddetto “cancro del platano” che ha decimato gli alberi di interi viali cittadini, tuttora rimasti senza alcuna ripiantumazione ( Viale Dandolo/ Viale Mantegazza, Viale V.Veneto, o Viale Baldini, ad es. solo per limitarsi a Marina Centro ), o a causa di ristrutturazioni edilizie progettate ed autorizzate senza alcun rispetto del verde esistente, e di autorizzazioni al taglio conseguenti a semplici richieste di modifica di cancellate e passi carrai.
Il vecchio Regolamento edilizio e la consuetudine di monetizzare gli standard di verde per i privati hanno in questo senso pesantemente inciso negli anni passati sulla consistenza del verde urbano.
Mentre sottolineiamo perciò come WWF la necessità di iniziare con urgenza a ripristinare almeno le alberature stradali venute meno negli anni passati e sollecitiamo l’approvazione di un vero Regolamento del verde urbano, ancora mancante, in merito ai danni prodotti dalla recente perturbazione riteniamo che, fatta salva l’esigenza si sostituire le alberature davvero pericolanti, debba essere però valutata con molta attenzione la possibilità di ricorrere ovunque possibile, specie in presenza di alberature di pregio e di dimensioni importanti, ad interventi alternativi all’abbattimento e volti invece al recupero degli esemplari arborei danneggiati.
Ed a questo scopo chiediamo che siano messe a bilancio in futuro le opportune e necessarie risorse.
Oltre alla necessità di tutelare la pubblica sicurezza, in questa occasione come nel caso di analoghi eventi futuri, a nostro avviso deve essere valutata la funzione non solo estetica del verde urbano ma anche l’importanza ed il ruolo che esso svolge a tutela della qualità dell’aria e della salute dei cittadini. Ed anche il contributo che gli alberi danno al contenimento delle ondate di calore estivo, specie in aree totalmente urbanizzate. Tutte funzioni che contribuiscono in modo importante alla qualità della vita in città e che non possono certo essere svolte in modo uguale, e per molti anni, da giovani alberi appena messi a dimora.
In particolare per quanto riguarda il grande “platano” danneggiato dal vento in Piazza Malatesta - n.° 41962 nel censimento del verde urbano – dato che la sua potatura già effettuata dai Vigili del fuoco ha drasticamente ridotto il peso della chioma e l’effetto vela che la stessa avrebbe potuto avere in caso di forti colpi di vento, mettendolo di fatto in sicurezza, chiediamo di sospendere al momento la decisione di sostituirlo, al fine di valutare con attenzione ogni possibile soluzione alternativa ( puntellatura temporanea del tronco, anche in muratura,e/o in caso estremo taglio del ramo che sporge dal lato inclinato??) volta al consolidamento dell’apparato radicale ed al recupero dell’alberatura.
Il pregio dell’albero, per la sua dimensione e per la sua collocazione in una piazza storicamente e culturalmente importante della città, assieme agli altri due grandi platani monumentali ivi esistenti, a nostro avviso giustificano queste particolari attenzioni, ed il suo recupero può essere un elemento qualificante, anche nell’ambito dei futuri interventi di riqualificazione di Piazza Malatesta.

Associazione WWF Rimini
il presidente
Antonio Cianciosi

Oli vegetali esausti – Emergenza ambientale


Ogni giorno decine di migliaia di litri d’olio vegetale esausto, utilizzato essenzialmente per friggere, dopo l’utilizzo,  nella migliore delle ipotesi,  finiscono nel lavandino di casa, andando ad intasare,  laddove esistono, i sistemi  di depurazione, diversamente passando per la rete fognaria  questa massa oleosa finisce nei corsi d’acqua e in mare  con grave danno per l’ambiente e l’ecosistema marino. 

Esiste da anni un consorzio degli oli esausti per il recupero e il riciclaggio di questo rifiuto che provvede a ritirare gli oli usati e destinarlo alle aziende apposite per il trattamento e riutilizzo industriale.

Purtroppo sull’intero  territorio della Provincia,  al di fuori di  quei pochi centri di raccolta differenziata (isole ecologiche) provvisti di  appositi contenitori, non sono reperibili  in maniera capillare siti dove poter conferire gli oli vegetali esausti domestici.

La proposta del WWF è molto semplice e facilmente attuabile: basterebbe che ogni supermercato venisse dotato al suo esterno, di un contenitore apposito, come avviene, peraltro,  per i medicinali davanti alle farmacie o per le pile esaurite.

Un contenitore per la raccolta degli oli vegetali esausti  in prossimità di negozi  faciliterebbe e soprattutto, incentiverebbe  i singoli cittadini ad assumere un comportamento più virtuoso e rispettoso dell’ambiente, con il sostegno di una campagna informativa specifica , ad esempio,  informare che l' olio vegetale esausto, se recuperato può essere riciclato e tornare a nuova vita per scopi non alimentari, qualora invece, venisse gettato nelle fogne rischierebbe di produrre gravissimi danni  all’ambiente.

Il problema degli oli esausti è molto più grave di quanto si possa pensare ed è purtroppo, ignorato da tutti.

Come associazione ambientalista riteniamo che il problema degli oli esausti  non può più essere rimandato e vada  affrontato con assoluta  urgenza.

Le quantità annue di utilizzo sono notevoli, le stime nazionali parlano di  oltre 25 chili a persona, quanto di questo olio, una volta usato finisca direttamente nelle fogne o peggio, disperso nell’ambiente non è possibile verificarlo, quello che è certo, è che se si continua a buttare a mare l’olio usato, il mare prima o poi presenterà il conto ... sicuramente “salato”.

Per una realtà come la nostra che vive essenzialmente di turismo fortemente legato al mare, riteniamo che sia doveroso da parte delle istituzioni locali di porre in campo tutte le azioni possibili necessarie per preservare  la qualità delle acque del nostro mare Adriatico.

Il presidente WWF Rimini

Antonio Cianciosi


Associazione WWF Rimini
Via del Grano 333
47826 Verucchio (RN)
Presidente Antonio Cianciosi 329.3127251
Animali in difficoltà e guardie venatorie Lorenzo Bruschi 338.8713214
Biblioteca WWF "Bruno Marabini" e Oasi Ca' Brigida Claudio Papini 328.2255883

wwfrimini@libero.it
oasi_cabrigida_wwfrn@libero.it
biblioteca_cda_wwfrn@libero.it

Convegno nazionale "Nuova autostrada Orte-Mestre. Rompiamo il silenzio"
Ravenna il 25 maggio dalle ore 10 alle 17.30 presso Casa Melandri - sala d’Attorre, via Ponte Marino 2.


La "Rete Stop Orte-Mestre", la vasta rete di associazioni ambientaliste, comitati e movimenti che da anni cerca di contrastare la grande opera “Autostrada E45-E55 Orte-Mestre” ha organizzato il primo convegno nazionale per rompere il silenzio della politica e delle istituzioni e dare l’informazione che ad oggi è stata completamente omessa.
Relatori di primo livello nazionale descriveranno l’opera affrontando gli aspetti trasportistici, economico-finanziari e degli impatti ambientali.

Il progetto preliminare dell’autostrada Orte-Mestre, l'OPERA AUTOSTRADALE più imponente, per costi ed impatti, tra quelle previste nel PRIMO PROGRAMMA DELLE INFRASTRUTTURE STRATEGICHE, ha già ottenuto tutte le autorizzazioni previste per legge, manca solo l’ultimo atto di autorizzazione del CIPE.
Sono dieci i buoni motivi per non approvare il progetto della nuova autostrada Orte-Mestre:

1. L’opera ha un valore di 10 miliardi di euro e non è economicamente sostenibile: si conta infatti di REPERIRE LE RISORSE NECESSARIE attraverso STRUMENTI di defiscalizzazione e di SOSTEGNO AL Project Finacing, CHE RISCHIANO DI ESSERE estremamente pericolosi per I CONTI PUBBLICI in quanto VENGONO IN SOCCORSO DI PIANI ECONOMICO FINANZIARI NON POSITIVI CHE generano debiti. Prova ne è il fatto che il Ministero dell’Economia ha sollevato di recente numerose obiezioni rispetto ALLA REDDITIVITA' E QUINDI alla fattibilità dell’opera in questione;

2. PROVOCHEREBBE, SE REALIZZATA gravi danni ambientali a IMPORTANTISSIME zone di interesse  paesistico, NATURALISTICO e ambientale, TUTELATE DA NORME NAZIONALI, INTERNAZIONALI E COMUNITARIE QUALI il DELTA DEL PO, le VALLI DI COMACCHIO e MEZZANO, le propaggini meridionali della LAGUNA DI VENEZIA, la RIVIERA DEL BRENTA, il Parco delle FORESTI CASENTINESI, le valli DELL’APPENNINO CENTRALE;

3. Comporta un elevato CONSUMO DI SUOLO, per la maggior parte libero DA EDIFICAZIONI;

4. Favorisce la cementificazione delle aree libere attraversate o adiacenti alle INFRASTRUTTURE D'ACCESSO, CONESSE E COMPLEMENTARI;

5. Determina un sensibile aumento dell’inquinamento atmosferico e acustico, accentua il rischio IDROGEOLOGICO e IDRAULICO soprattutto nelle aree più fragili;

6. Privilegia, IN CONTRASTO CON I CONSOLIDATI INDIRIZZI COMUNITARI IN MATERIA DI TRASPORTI, ancora una volta il trasporto su gomma a scapito di quelli ferroviario e marittimo, più sostenibili;

7. PRESENTA UN  CALCOLO COSTI-BENEFICI NEGATIVO PERCHE' i flussi di traffico attuali e futuri che  interessano la SS 309 Romea e la E-45 non giustificano in alcun modo la costruzione di un’altra autostrada che SAREBBE INUTILE PERCHE' COSTUIREBBE di fatto un doppione della A-1 e della A-14/A-13;

8. Costituisce un enorme spreco di denaro pubblico CHE POTREBBE ESSERE MEGLIO IMPIEGATO PER LA MANUTENZIONE delle strade già esistenti e DEL TERRITORIO E PER REALIZZARE, IN FUNZIONE ANTICONGIUNTURALE, QUELLE PICCOLE E MEDIE OPERE PUBBLICHE CHE LA STESSA A.N.C.E. CREDE SIANIO PRIORITARIE PER IL RILANCIO DEL Paese;

9. Ha tempi lunghi di REALIZZAZIONE (SI STIMA 10-15 ANNI) e distoglie risorse per la NECESSARIA E URGENTE messa in sicurezza di SS 309 e E-45;

10. Favorisce ANCORA UNA VOLTA LA CORPORAZIONE IPERGARANTITA dei CONCESSIONARI autostradali e gli appetiti EDILI speculativi CHE ACCOMPAGNANO QUESTO TIPO DI OPERAZIONI

Colorazioni  “inquietanti” dai camini dell’inceneritore di Raibano.

Il WWF è fortemente allarmato per quanto accaduto all’impianto d’incenerimento dei rifiuti di Raibano, la fuoriuscita dai camini di fumi di color rosa senza una certa giustificazione tecnica, come dichiarato sulla stampa sia dall’ARPA che dal sistema di controllo dell’impianto stesso, l’assoluta trasparenza dei dati, quando è in ballo la salute pubblica , deve essere fondamentale.
L’accaduto mette in evidenza, i rischi a cui si espone la popolazione a ridosso di tali impianti.
I problemi degli inceneritori in generale, sono legati all’incontrollabilità di ciò che viene bruciato, i rifiuti che arrivano a questi impianti, il più delle volte non provengono da un impianto di preselezione, che recupera tutto ciò che è riciclabile, ma semplicemente dall’indifferenziato raccolto dai cassonetti.   
Fa riflettere molto, tuttavia,  che quanto accaduto  mercoledì scorso a Raibano,  si sia verificato in un impianto tecnologicamente avanzato con un sistema di filtraggio altamente sofisticato.
Il principio di cautela  in questo caso è d’obbligo fermare l’impianto  fino a che non sarà individuata la tipologia di materia bruciata che ha generato nei fumi questa colorazione rosa  appare una scelta di buon senso.
È  indispensabile, tuttavia,  che nell’immediato venga monitorato il territorio circostante l’impianto con prelievi sui terreni e vegetali.
Come associazione riteniamo che,  a titolo di precauzione, nei confronti dei cittadini e sino a quando sarà attivo l’inceneritore di Raibano  tutta l’area prospiciente l’impianto per un raggio di almeno seicento metri dai camini venga interdetta qualsiasi attività di produzione agricola per alimentazione umana e animale. Tutta l’area attorno dovrà avere una funzione di “cuscinetto” ecologico,  pertanto,  dovrà essere piantumata con alberature ad alto fusto.
Gli  oneri di compensazione ambientale, ovviamente, dovranno essere a carico del gestore dell’impianto medesimo.
Il WWF sostiene da sempre che l’unica strada veramente percorribile per risolvere il problema dei rifiuti in ambito urbano sia la raccolta differenziata spinta, “porta a porta” e assegnare agli inceneritori un utilizzo meramente marginale per lo smaltimento di quelle frazioni di rifiuto non riutilizzabili.

Antonio Cianciosi
Presidente
Associazione WWF Rimini


Convegno “Riutilizziamol’Italia” – Venerdì 31 maggio e Sabato 1 giugno 2013 – Roma, nuova Aula Magna Dipartimento di Architettura di Uni-Roma Tre (ex Mattatoio)

Care amiche e cari amici, intendiamo innanzitutto ringraziare di cuore per il vostro prezioso contributo al successo del censimento di idee, proposte e progetti nell’ambito dell’Iniziativa “Riutilizziamo l’Italia”, censimento che si è svolto dal giugno al novembre 2012, cogliendo l’occasione di segnalarvi il prossimo importante appuntamento, il Convegno "Riutilizziamo l'Italia - Idee e proposte per contenere il consumo di suolo e riqualificare il Belpaese" del 31 maggio – 1 giugno 2013 a Roma (v. allegato). Ci preme comunicarvi nello specifico l’evoluzione dell’Iniziativa di cui siete stati attori protagonisti! Nella prima fase di “Riutilizziamo l’Italia” (raccolta di segnalazioni dal 5 giugno al 30 novembre), sono state raccolte 575 schede di segnalazione, provenienti per il 38% dal Sud Italia e isole, 33% dal Centro Italia e 29% dal Nord da cui emerge uno screening della tipologia del patrimonio esistente non utilizzato e delle proposte elaborate da comunità locali, associazioni, singoli cittadini e da una Rete di 25 tra esperti e docenti di 12 diversi Atenei. “Riutilizziamo l’Italia” segnala che esiste una forte domanda sociale nel nostro Paese per una riqualificazione degli insediamenti urbani e del territorio finalizzata al recupero e al riuso per fini di utilità collettiva e ambientale delle aree e dei manufatti abbandonati e dismessi, matura e consapevole dei rischi di degrado e della necessità di non favorire più nuove espansioni edilizie, propositiva rispetto alle idee di recupero, con una reale “fame” di spazi, aree verdi e rinnovata socialità. Infatti, le schede di segnalazione, da noi raccolte grazie alla vostra preziosa collaborazione, sono state compilate per il 70% da associazioni e comitati, per il 28% da singoli cittadini (mentre il 2% non ha risposto alla domanda in merito alla tipologia di “segnalatore”). Dalle schede emerge: - da un lato, che l’abbandono o il sottoutilizzo di aree o edifici si trasforma in degrado: i rischi segnalati sono quelli dipendenti per il 36% da strutture pericolanti, per il 32% dall’inquinamento del suolo, per il 19% dai luoghi trasformati in discariche o depositi di materiali, per il 3% da altri fenomeni (per il 10% non sono pervenute risposte sui rischi); - dall’altro, che esiste una forte domanda sociale propositiva, visto che l’85% delle schede contiene idee e proposte di riutilizzo ambientale e sociale delle aree censite, con prospettive che riguardano per il 49% una riqualificazione ambientale/ecologica delle aree (per il 20% a verde pubblico, per il 15% per ricomporre la rete ecologica, per il 9% ad orti urbani e sociali, per il 5% ad uso agricolo), mentre per il 47% il riutilizzo urbanistico. A questo punto, si tratta di trasformare questa domanda sociale in attività sul territorio. Ed è per questo che il WWF Italia ha intenzione di aprire una nuova fase e promuovere laboratori territoriali, a cui partecipino i cittadini organizzati e non, insieme con i docenti universitari e gli esperti locali interessati, che consentano di stabilire interlocuzioni con le istituzioni su aree o piani, programmi e progetti di trasformazione del territorio, allo scopo di contenere o bloccare il degrado e l’ingiustificato consumo del suolo. Il presidio sul territorio, come da voi dimostrato tramite le vostre segnalazioni ed esperienze, è cruciale per questo scopo, come ben sapete. Tappa fondamentale di questa nuova fase è quindi il convegno nazionale al quale vi invitiamo, che si svolgerà a Roma nella nuova Aula Magna del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Roma Tre (ex Mattatoio) venerdì 31 maggio (dalle ore 15.00 alle 18.30) e sabato 1 giugno 2013 (dalle 9.30 alle 17.30). Il convegno nazionale “Riutilizziamo l’Italia” presenterà una rassegna di esperienze positive e negative e di idee e un Set di Proposte e Strumenti. Su questa base la Rete territoriale WWF e la Rete Docenti dell’iniziativa “Riutilizziamo l’Italia” hanno intenzione di aprire un confronto con i cittadini e i soggetti più interessati a queste tematiche. Troverete in allegato il programma del convegno, tra cui vi segnaliamo: - nella giornata di venerdì 31 maggio le sessioni dedicate alle Case histories – “Formule di successo e criticità” e a “Riflessioni e prospettive di ricerca” in cui verranno affrontati tra l’altro i casi relativi ai seguenti territori: Puglia, Nord Est, Torino, Milano, Siena, Napoli con il pieno coinvolgimento della Rete docenti (27 docenti di 12 diversi Atenei), - nella giornata di sabato 1 giugno, nella mattina, la Tavola rotonda istituzionale che sarà preceduta e introdotta da Relazioni su: 1. l’analisi del Censimento di idee e progetti di riutilizzo e riqualificazione dell’Iniziativa RiutilizziAmo l’Italia); 2. Il Rapporto redatto dalla Rete Docenti, 3. una prima stesura di Proposta di legge nazionale innovativa sulla gestione del territorio e per il contenimento del consumo del suolo, 4. lo Strumentario per intervenire sul contenimento/blocco del consumo del suolo “a legislazione vigente”. - Nel pomeriggio sabato 1 giugno, vi sarà il lancio di una mobilitazione diffusa attraverso Laboratori territoriali che in ogni Regione adotteranno proposte e progetti di recupero, riuso e riqualificazione su cui mobilitare i/le cittadini/e, a partire da buone pratiche esistenti e da alcuni casi selezionati utili per avviare la sperimentazione. Vi invitiamo pertanto a partecipare ai lavori del convegno “Riutilizziamo l’Italia” come naturale sviluppo di un prezioso lavoro comune.

Nel ringraziarvi per l’attenzione, vi preghiamo di confermare le vostre eventuali partecipazioni al convegno a: Carmelina Pani, c.pani@wwf.it – 0684497454.

Per ulteriori informazioni potete anche visitare la pagina della Campagna su wwf.it/riutilizziamolitalia Vi chiediamo cortesemente, infine, di diffondere tra i vostri contatti e sul web la notizia del Convegno. Carissimi saluti,

Chiara Pirovano – responsabile WWF Iniziativa “Riutilizziamo l’Italia"

Giovanni la Magna – segreteria operativa WWF “Riutilizziamo l’Italia”

Nuova circonvallazione di Santa Giustina ... più strade, più traffico, più inquinamento
 

La preoccupazione dell’inquinamento da traffico automobilistico che interessa la frazione di Santa Giustina  trova tutte le giustificazioni, da parte dell’associazione WWF.

Il WWF riconosce che l’inquinamento è un problema annoso che interessa tutti i luoghi in cui viviamo, tutti vorremmo poter utilizzare l’auto liberamente, ma nessuno è disposto a subirne le conseguenze. La soluzione probabilmente sarebbe quella di usare  mezzi a “zero emissioni”, un obiettivo, purtroppo ancora molto lontano e nell’attesa che il buon senso prevalga sull’irrazionalità, bisogna fare i conti con la realtà attuale.

Il WWF ritiene che l'ipotesi di fare una circonvallazione sia una scelta sbagliata che oltre a non risolvere il problema, creerebbe i presupposti per riversare ulteriore cementificazione sul territorio, con conseguenti nuove costruzioni di vario genere, come avvenuto per la circonvallazione di Rimini, di Ravenna ecc., in questo caso, con l’aggravante che la strada andrebbe a ricadere in prossimità di zone sottoposte a vincoli fluviali e soprattutto in zone di ricarica delle falde acquifere.

Nel caso in cui venisse realizzata  la nuova arteria e che questa nell’immediato  causasse una forte diminuzione del transito veicolare interno, questo, nelle migliori delle ipotesi, andrebbe ad indebolire se non a far collassare l’intero tessuto economico della frazione con conseguente svalutazione dei locali.

Il problema dell'inquinamento dell'aria, purtroppo, non si risolve realizzando un'altra strada, è solo illusorio spostare il problema altrove.

Laddove sono state realizzate nuove strade il traffico è aumentato,  l'equazione più strade meno auto, non sempre torna.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di canalizzare il traffico,  eliminare i semafori, realizzare eventuali sottopassi pedonali  in maniera da rendere il traffico più fluido ad una velocità moderata per ridurre le emissioni inquinanti.

CONSUMO DI SUOLO E OPPORTUNISMO

Il WWF si inserisce nella scottante questione del consumo di suolo nella provincia di Rimini, in auge in questi giorni ma da sempre sotto osservazione critica da parte di quanti hanno a cuore la salvaguardia del territorio. Il problema del consumo di suolo nel Riminese sembra apparire in tutta la sua gravità solo per agli anacronistici e sentimentali amanti della natura. Naturalisti, ecologi, ambientalisti e individui sensibili agli eventi che stravolgono il territorio, hanno assistito negli ultimi decenni con intima costernazione alla sostituzione convulsa e violenta di campi, fossati, siepi, carraie, edifici rurali e secolari linee del paesaggio con edificazioni abitative disperse, nuclei urbani, strade, megarotonde, distese di capannoni, centri commerciali e immensi parcheggi. Ad aggravare il disagio degli ipersensibili amanti della terra a cemento controllato sono la sensazione di isolamento che li fa sentire poco più che dei disadattati sociali, la sordità alle ripetute esortazioni tese a fermare lo scempio e la distanza con l'apparente maggioranza silenziosa assuefatta ad uno "sviluppo" che passa forzatamente per la copertura del maggior numero possibile di ettari di terreno agrario. "Sviluppo", vocabolo dal potere narcotizzante e denso di lusinghe, appare la giustificazione costante di ogni gesto edificatorio. Ciò che risulta poi destabilizzante rispetto alla sensibilità dell'ambientalista medio è che tale potere soporifero sembra aver contagiato gran parte dei nostri conterranei, i quali non si permettono di valutare criticamente il senso e le conseguenze del dilagare del costruito e della cancellazione definitiva di ogni superficie scoperta se non toccati nel privato dal fenomeno. In tempi di gravi difficoltà, ancor più avventurosa appare la critica ad un modo di considerare lo "sviluppo" edilizio come promessa di benessere ad ogni costo, soprattutto se il costo è dato dai soliti problemi retrogradi e irritanti sollevati dai sentimentali "amanti della natura". Chi ha veramente a cuore il problema della sostituzione indiscriminata della terra con distese di asfalto e calcestruzzo? Chi si pone realmente la questione di riportare la terra alla sua dignità di bene primario? Chi ancora pensa razionalmente che i vegetali e gli animali che finiscono sulle tavole apparecchiate trovano nella terra la loro prima origine? Nel sentire comune, soprattutto delle nuove generazioni, sembra che i prodotti della terra crescano all'ombra dei capannoni industriali. La distanza psicologica e materiale dalla terra alimenta false promesse e illusioni. Il ritorno al "cibo genuino", ai "sapori autentici", rivela una insoddisfazione strisciante ma resta nella sostanza un fenomeno dai contorni folcloristici. I numeri del consumo, sarebbe meglio dire della rapina di suolo, sono impressionanti. La Provincia ne ha preso atto. Tardi? Ci troviamo nella solita situazione tutta italica per cui alla malattia si cerca una cura quando il soggetto colpito dà segnali di prossima dipartita. Un problema culturale o speculativo? Noncuranza politica o miopia delle istituzioni preposte? Assenza di una urbanistica degna del nome o delega al privato individualista e speculatore? Cause ed effetti del problema trovano agganci in tutti questi fattori. Possiamo dire che la necessità di consenso nonché di pubbliche entrate passa anche attraverso il sacrificio, nel nostro caso, di suolo? Si tratta allora di una questione di pura convenienza ? E' quindi l'opportunismo il motivo primario di una tendenza così radicata? Nasce e si rafforza il sospetto che questo sia il leit-motiv del problema. I reiterati e generalizzati condoni edilizi, dove al danno si somma la beffa, non ne sono una testimonianza? E ciò non si rivela tanto nei necessari ammodernamenti di una viabilità costipata e nelle iniziative urbanistiche tese a offrire nuove opportunità di lavoro, ma nel campanilismo che porta a disseminare nel ristretto territorio provinciale decine di aree artigianali e industriali con annesse opere stradali; nello "sviluppo" edilizio localistico, che ogni comune si affanna a favorire, nell'ignorare abusi edilizi, costruzioni improvvisate e fatiscenti, fabbricati legalizzati come depositi di attrezzi agricoli prossimi a divenire nuove case, improvvisati depositi di materiali di ogni genere situati ovunque, e l'elenco potrebbe continuare. Vogliamo accennare all'edilizia contrattata che comporta spesso cambi di destinazione di aree verdi e parcheggi in condomini e negozi? E la ben accolta mania di recintare accuratamente ogni lotto, fazzoletto di terra o spazio aperto, spesso destinato ad accogliere capanni cadenti o cumuli di rifiuti, con la speranza neppure nascosta e spesso ben riposta che prima o poi l'ex campo di grano divenga edificabile? Permetteteci poi di collegare al problema la drammatica regimazione di corsi d'acqua e fossati, resi sterili scolatoi con la presunzione di evitare allagamenti di edifici che sorgono dove non dovrebbero essere e con l'esito di cancellare quei relitti di naturalità così importanti per la biodiversità e per il sempre più martoriato paesaggio. Gli amministratori e i tecnici della cosa pubblica, quindi del suolo, necessitano di maggiore lungimiranza e coraggio nelle proprie azioni. Non quella che si manifesta quando il problema sta esplodendo, ma quando vi sono le condizioni perché ciò non accada.

Associazione WWF Rimini

il presidente

Carlo Belluomini

L’OASI DEL CONCA E GLI INCENDI


Neppure il primo devastante incendio del 4 Ottobre 2011 ci aveva assuefatto all’idea che il Conca potesse divenire una palestra per piromani. Gli eventi incendiari plurimi di questo Agosto che hanno colpito ancora il tratto del Conca tra Morciano, San Giovanni e Misano, ci hanno convinto, se ce ne fosse necessità, che l’area è divenuta un bersaglio primario di distruttori ambientali non meglio definibili. Ci troviamo ancora una volta a lamentare la perdita di un patrimonio paesaggistico, naturalistico e ambientale, presi da un sempre più insostenibile senso di impotenza nei confronti di pochi individui senza volto e senza coscienza.
Il Conca ci preme particolarmente. Da decenni, il tratto tra Morciano e il mare è area in cui il popolamento animale è tutelato mediante un’Oasi faunistica di istituzione provinciale, al centro dell’iperantropizzata bassa Valconca. Abbiamo combattuto per la sua istituzione fin dagli anni Ottanta. Ad oggi è stato possibile difendere la fauna ma nulla sembra potersi opporre alla bieca vocazione desertificatoria di anonimi inceneritori. I roghi agostani hanno assestato un colpo tremendo all’ecosistema fluviale del tratto finale del Conca. Il nuovo ponte a valle di Morciano, verso il quale non si è sollevata una sola voce critica, attraverserà quella che era l’area di maggiore pregio naturalistico del tratto fluviale. Era, perché è ora incenerita, così come è stata bruciata la vegetazione nel tratto sottostante il Monastero di San Gregorio di Morciano, dove negli anni Ottanta venne realizzato un progetto di ripristino ambientale finanziato con fondi pubblici, con rimboschimento, sentieristica e bacini lacustri.
La scomparsa della vegetazione ha fatto emergere discariche e rifiuti pericolosi. Il basso Conca, dopo la rapina autorizzata di inerti degli anni Cinquanta e Sessanta, è stato per decenni una discarica a cielo aperto. Con la scomparsa della vegetazione riemergono vecchi e nuovi rifiuti occultati da una pietosa coltre verde. Il bilancio delle attività umane in questo tratto fluviale è sconcertante. L’estrazione di inerti ha determinato l’infossamento e la canalizzazione dell’alveo, con l’emersione del substrato argilloso. Il conseguente inaridimento del suolo ha messo in crisi in più punti la vegetazione arborea, tipicamente legata a falde idriche elevate, solo in parte compensata da afflussi laterali. Il grosso della vegetazione combusta, affermatasi negli anni, consisteva in arbusteti legati a suoli aridi, non di vera macchia mediterranea, come spesso capita di leggere. A partire poi da Pianventena, a valle, i cinque sbarramenti e ancor più la diga, hanno creato una sequenza di zone umide, a fronte di un vasto greto originario che ricordava, ancora negli anni Cinquanta, una fiumara calabra. Ciò che è andato perduto è quindi un paesaggio vegetale risultante di almeno sessanta anni di assalti al fiume, pur con qualche modesta, parentesi edificante. Nonostante questo, il corso di una natura che si plasma su ogni offesa, aveva spontaneamente costruito un paesaggio a tratti suggestivo e ricco, con nuclei arborei, zone umide, arbusteti intervallati a prati aridi dove allignavano varie specie di orchidee selvatiche, protette da una legge regionale che nessuno ha mai applicato. Tra queste ricordo una specie, il Fior di bombo (Ophrys bombyliflora), che sul Conca aveva l’unica stazione di tutta l’Emilia-Romagna. Ancora, vittima degli incendi, una rarissima pianta palustre, la Mestolaccia minore (Baldellia ranuncoloides), segnalata dal Centro Naturalistico Valconca a breve distanza dal Monastero di San Gregorio. La ricchezza faunistica raggiunta nel tempo da questo tratto fluviale era notevole. Volpi, tassi, istrici e caprioli erano di casa, così come alcuni cinghiali, soggetti a bracconaggio, e che qualcuno potrebbe non aver visto di buon occhio.
Purtroppo, dell’Oasi del Conca, nonostante piani e progetti, nel più solido costume italico, nessuno si è mai seriamente occupato. Il comitato di gestione è stato solo un fantasma di sé stesso.
Ora ciò che preoccupa è che l’Oasi devastata venga addirittura cancellata dalle carte o che divenga merce di scambio per riequilibri tra istituti territoriali venatori. Gli eventi distruttivi dovrebbero dare impulso a iniziative di recupero, a cominciare dalla rimozione dei rifiuti, passando per il risarcimento ambientale che l’impatto del nuovo ponte dovrebbe comportare, per arrivare a riconsegnare all’ecosistema fluviale i terreni adiacenti sottratti abusivamente.
La creazione di piste ciclabili è meritoria, ha portato migliaia di persone a contatto con il fiume. In assenza di seri controlli sono state però ripetutamente divelte le sbarre agli accessi. Tutti sanno che la pista, soprattutto presso Morciano, è liberamente battuta da ciclomotori e auto, al punto di agevolare nuove discariche abusive, per altro più volte denunciate, nonché potenziali (e oggi più che reali) piromani.
Speriamo che il disastro porti ad una presa di coscienza dei problemi e che si colga l’infelice occasione per avviare interventi concreti.
Il basso Conca tra Morciano e la diga è un eccezionale giacimento paleontologico, con i fossili marini contenuti nelle argille plioceniche, i grandi mammiferi pleistocenici e i manufatti paleolitici rinvenuti a valle del guado di Pianventena. Nell’Oasi sopravvive, nonostante i roghi, una fauna e flora varia. Numerose sono le testimonianze archeologiche e storiche adiacenti il corso, ad iniziare dai numerosi antichi mulini. Per quale motivo non si attrezzano le ciclabili con punti di sosta e di informazione, come già avviene presso l’Osservatorio ornitologico dela diga gestito dal WWF ?
Il modo più efficace per contrastare i distruttori consiste nel far sì che l’Oasi del Conca sia frequentata e avvertita come un un patrimonio comune, un grande parco naturale dei comuni della bassa valle.
Le aree incendiate attraverseranno anni di lento recupero spontaneo della vegetazione. Le piante morte o indebolite cadranno tra l’autunno e il prossimo inverno, per azione degli agenti atmosferici. Lasciamo che la natura faccia il suo corso e facciamo in modo che i distruttori non l’abbiano vinta.

Loris Bagli
Ass. WWF Provincia di Rimini